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Unimore avvia la brevettazione relativa all’uso di ossicini sclerali per la rigenerazione ossea

Lesioni scheletriche a riparazione non spontanea potrebbero essere recuperate grazie ad una intuizione e agli studi condotti dalla Professoressa Carla Palumbo del Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze (DBMN) dell’Università di Modena e Reggio Emilia.

La novità è riconducibile a studi per definire nuove strategie utili alla medicina rigenerativa e ad una serie di osservazioni preliminari, che hanno consentito di far emergere una nuova proposta dal significato traslazionale per future applicazioni cliniche, cui si è pervenuti grazie alle ricerche di base che si conducono presso il DBMN, e più specificamente nella Sezione di Morfologia umana, di cui è coordinatrice - appunto - la Prof.ssa Carla Palumbo, Professore Ordinario di Anatomia umana della Facoltà di Medicina e Chirurgia e componente del Collegio docente della Scuola di Dottorato in Medicina Molecolare e Rigenerativa di Unimore.

La validità di questa proposta è sfociata nella presentazione di una domanda di brevetto recentemente depositata come Unimore, che concerne l’uso di particolarissimi segmenti scheletrici, gli ossicini sclerali (da vertebrati inferiori), il cui impiego in medicina ed in veterinaria - se sviluppato adeguatamente - potrebbe fornire un ausilio alla problematica del recupero di lesioni ossee severe, cosiddette “critical-size bone defects” in gergo scientifico, perché di dimensioni tali da non poter guarire spontaneamente.

Il titolo abbreviato della domanda di brevetto è “ uso di ossicini sclerali per la rigenerazione ossea in ambito sanitario e veterinario ” e intende sfruttare le capacità degli ossicini sclerali (dopo  opportuno procedimento di preparazione) di indurre angiogenesi, lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni, ed osteogenesi, la capacità di rigenerare tessuto osseo, già dimostrate nell’ultimo decennio dal gruppo coordinato dalla Prof.ssa Palumbo, introducendo tali ossicini sclerali in apposite sedi/fessure ricavate all’interno di scaffold 3D di varia composizione e geometria.

Il nostro obiettivo - spiega la Prof.ssa Carla Palumbo, inventrice del brevetto - è quello di trasferire i risultati di anni di ricerca di base, in ottica traslazionale, a settori della medicina e chirurgia, grazie anche a collaborazioni importanti con Colleghi ingegneri del nostro Ateneo, in particolare il prof. Massimo Messori, col quale stiamo testando una serie di biomateriali idonei ad accogliere e sfruttare le abilità induttive degli ossicini sclerali”.

Valore aggiunto degli ossicini sclerali, che in particolare per gli studi del gruppo di Morfologia umana - DBNM sono estratti dalla testa di galliformi, è il fatto di rappresentare scarti di macelleria aviaria e, pertanto, di essere disponibili a costo zero e di non comportare, per il loro reperimento, sacrificio di altri animali.

Gli ossicini sclerali - continua la Prof.ssa Carla Palumbo - sono particolari e piccolissimi segmenti ossei quadrangolari (delle dimensioni di 3mm x 4mm, con uno spessore di circa 150 micron) che si trovano al confine sclero-corneale del bulbo oculare di vertebrali inferiori con occhi sporgenti (quali uccelli, rettili, anfibi, pesci) che hanno lo scopo, una volta raggiunta la taglia definitiva, di proteggere il bulbo oculare dalla deformazione durante il volo o il nuoto. Per consentire ciò, una volta formati, non devono subire modificazioni e quindi non devono poter sottostare, a differenza del resto dello scheletro, a processi di rimodellamento osseo (che determinano modificazioni di volume e struttura) che continuamente si verificano in tutte le ossa, non solo a seguito di variazioni di carico meccanico ma anche di alterazioni del metabolismo minerale. Dal momento che le cellule in grado di rilevare le esigenze meccaniche e metaboliche dello scheletro e di modulare il rimodellamento osseo sono gli osteociti, le cellule mature dell’osso che abitano in apposite cavità lacuno-canalicolari all’interno della matrice mineralizzata, l’espediente che la natura ha escogitato per rendere “insensibili” gli ossicini sclerali al rimodellamento osseo è stato quello di indurre gli osteociti ad andare in apoptosi (morte cellulare programmata), una volta raggiunta la taglia definitiva degli ossicini sclerali; essi, pertanto, sono biomateriali <naturalmente decellularizzati>. Nell’ottica di un percorso di internazionalizzazione, a seguito di una collaborazione francese con l’Università di Bordeaux, abbiamo anche dimostrato che gli ossicini sclerali, come pubblicato sulla rivista scientifica Biomaterials Science (n. 1, 2020 - DOI: 10.1039/c9bm01234f ) non inducono reazione immunitaria avversa quando impiantati in animali non immuno-depressi di specie diversa. Per le proprietà già dimostrate, l’introduzione di ossicini sclerali in scaffold tridimensionali consentirebbe di scatenare, nell’osso ospite da riparare, una reazione angiogenica (prerequisito indispensabile alla formazione di osso) ed osteogenica”.

L’intuizione ha immediatamente alimentato il coinvolgimento di ditte, che - contattate preliminarmente alla fase di deposito della domanda – si sono dichiarate interessate a sviluppare il brevetto, cosa che infonderà ancora più energia nel perseguire l’iter intrapreso e che suggella l’importanza dei risultati ottenuti dalle ricercatrici e dai ricercatori Unimore nel corso di un lungo periodo di studi.

Durante gli ultimi 10 anni - dichiara il Prof. Michele Zoli, Direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze – il gruppo di ricerca diretto dalla Prof.ssa Carla Palumbo, in collaborazione con gruppi di ricerca internazionali, si è occupato dello studio morfologico e delle caratteristiche induttive degli ossicini sclerali; da qui è nata l'idea di sfruttarne le potenzialità angiogeniche ed osteogeniche da un punto di vista applicativo. Ora, il deposito della domanda di brevetto è motivo di grande soddisfazione per me e orgoglio per il Dipartimento, nel cui ambito auspico che possa avvenire il pieno sviluppo di questa idea progettuale”.

Tra i sostenitori della brevettazione c’è anche il Prof. Massimo Messori, Professore Ordinario in Scienze e Tecnologie dei Materiali al Dipartimento di Ingegneria “Enzo Ferrari” che, condividendo da diversi anni vari progetti col gruppo di ricerca della Prof.ssa Carla Palumbo, ha confermato l’intenzione di proseguire nella collaborazione per lo “studio di nuovi biomateriali” e ha dichiarato che “ la funzione osteo- e angiogenica degli ossicini sclerali può essere sfruttata da un punto di vista applicativo attraverso la realizzazione di scaffold di opportuna geometria, anche ‘su misura’ rispetto allo specifico paziente. Da questo punto di vista, lo sviluppo di materiali con le necessarie caratteristiche di biocompatibilità e bioriassorbibilità e di lavorabilità attraverso tecnologie di stampa 3D costituisce il punto centrale della collaborazione fra i due Dipartimenti coinvolti”.

Categorie: MEDICINA, CHIMOMO, NEUBIOMET, SMECHIMAI, DICLISAN

Articolo pubblicato da: Ufficio Stampa Unimore - ufficiostampa@unimore.it il 05/12/2020